20 ottobre 2006

Imprevisto 24 - Narrativa, storie e vita

Cito un brano di Umberto Eco, tratto da un suo libro che offre importanti indicazioni sulla narrativa. In particolare, questo passo mi ha profondamente emozionato e colpito.


Riflettere sui complessi rapporti tra lettore e storia, finzione e realtà, può costituire una forma di terapia contro ogni sonno della ragione, che genera mostri.
In ogni caso non rinunceremo a leggere opere di finzione, perché nei casi migliori è in esse che cerchiamo una formula che dia senso alla nostra vita. In fondo noi cerchiamo, nel corso della nostra esistenza, una storia originaria, che ci dica perché siamo nati e abbiamo vissuto. Talora cerchiamo una storia cosmica, la storia dell’universo, talora la nostra storia personale (che raccontiamo al confessore, allo psicanalista, che scriviamo sulle pagine di un diario). Talora speriamo di far coincidere la nostra storia personale con quella dell’universo.
A me è accaduto, e permettetemi di finire con questo pezzo di narrativa naturale.
Qualche mese fa sono stato invitato a visitare il Museo della Scienza e della Tecnica di La Coruña, in Galizia, e alla fine della mia visita il direttore mi ha annunciato una sorpresa e mi ha condotto nel planetario. I planetari sono sempre luoghi suggestivi, perché quando si spegne la luce si ha davvero l’impressione di sedere in un deserto, sotto un cielo stellato. Ma quella sera mi era stato riservato qualcosa di più.
A un certo momento, sceso il buio più completo, si è diffusa una bellissima ninna-nanna di De Falla e lentamente (anche se un po’ più in fretta della realtà, perché tutto si è svolto in un quarto d’ora) sopra il mio capo ha iniziato a ruotare il cielo che appariva nella notte tra il 5 e 6 gennaio del 1932 sulla città di Alessandria. Ho vissuto, con una evidenza quasi iperrealistica, la mia prima notte di vita.
L’ho vissuta per la prima volta, dato che io quella prima notte non l’ho vista. Forse non l’ha vista neppure mia madre, spossata dalle fatiche del parto, ma magari l’ha vista mio padre, uscito zitto zitto sul balcone, un poco agitato e insonne per l’evento mirabile (almeno per lui) di cui era stato testimone e remota concausa.
Sto parlando di un artificio meccanico realizzabile in molti luoghi, e magari l’esperienza è già accaduta ad altri, ma mi perdonerete se per quei quindici minuti ho avuto l’impressione di essere il solo uomo sulla faccia della terra (dall’inizio dei tempi) che si stesse ricongiungendo col proprio Inizio. Ero così felice che ho provato la sensazione (quasi il desiderio) che potevo, che avrei dovuto morire in quel momento - e in ogni caso altri momenti saranno ben più casuali e inopportuni. Avrei potuto morire perché ormai avevo vissuto la più bella delle storie che avessi letto in vita mia, avevo trovato forse la storia che tutti cercano tra pagine e pagine di centinaia di libri, o sullo schermo di molte sale cinematografiche, ed era un racconto i cui protagonisti eravamo io e le stelle. Era finzione, perché la storia era stata reinventata dal direttore del planetario, era Storia, perché raccontava che cosa fosse avvenuto nel cosmo in un momento del passato, era vita reale perché io ero vero e non il personaggio di un romanzo. Ero per un momento, il Lettore Modello del Libro dei Libri.

Umberto Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi. Harvard University, Norton Lectures, 1992 - 1993, Bompiani, Milano 2005

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Beh, io il senso della mia vita preferisco cercarlo nel mio passato, nel mio confronto quotidiano col mondo reale di cui sono parte, e nella forza della ragione; Questo non significa che io sia avverso a tutte le religioni, in quanto "opere di finzione" nelle quali "cerchiamo una formula che dia senso alla nostra vita" come sembra dire il buon Umberto; il cristianesimo, per esempio, nasce da un incontro storico con un uomo di rara saggezza, che propone un esperimento di amore, che a me ha ridato la voglia di vivere

Anonimo ha detto...

questo modo di scrivere ha una indiscussa valenza letteraria che può eliminare i mostri del sonno della ragione. Ma non mi sembra il tuo stile :-)))

Anonimo ha detto...

santiago, opera di finzione non significa opera falsa. Per me che amo leggere, i libri sono un modo per aprire orizzonti. E comunque anch'io cerco me stessa nel passato e nella realtà del presente...

claudiopensiero, meno male che quello di Umberto Eco non è il mio stile, se no povero lui... ;-)